31 agosto 2006
è bassa.
Tutte le case di Bloem, se si esclude qualche condominio stile Praga 5, hanno solo un piano: il piano terra. Sono quindi appartamenti. Generalmente, per quanto ho visto finora, sono moquettate e piene di finestre, fanno passare un casino di luce che *vorresti dormire fino a tardi ma non ci sono le tapparelle*. E infatti la sveglia è sempre alle 7, un orario a me sconosciuto, qualche rimembranza dell'infanzia liceale ma in quinta ero arrivato a svegliarmi alle 7.35 affinando ogni azione tipo Fantozzi. Dicevamo: ogni stanza è praticamente più una finestra che una stanza. Ciò permette al freddo polare che c'è di sta stagione di entrare ed insinuarsi in ogni intercapedine della casa. Il trauma è uscire dal letto: la casa non è riscaldata e il respiro fa le nuvolette. Ogni mercoledì un impresa di pulizie affiliata all'università pulisce le case degli studenti: dà lo straccio sui pavimenti, spolvera, lava i (nel nostro caso 3) piatti. Ci fosse stato un servizio del genere a Bologna... mi commuovo. Forse la vita in via Zannoni 1/3 sarebbe stata diversa.
Non ho tv, non ho lavatrice, non chiedetemi come farò il bucato ci devo ancora pensare (nel frattempo ho comprato detersivo e ammorbidente per avere biancheria sempre soft). In compenso possiedo un bollitore elettrico per l'acqua e il microwave. Ora, grazie alle stoviglie prestatemi dalla moglie del Van e dalla segretaria, posso cucinare la pasta: presto proverò quest'esperienza, ma dopo due anni di rigatoni al pomodoro durante il mio soggiorno bolognese non ho una gran fretta. Mi nutro con panini pseudo-sani e psudo-new age dal mio paninaro di fiducia, che è una lei e mi prepara storie strane con pane integrale e dentro non ho mica capito bene cosa c'è, ma sono ancora vivo quindi si può. Ieri verso le 18 (qua il pranzo è attorno alle 11.30 e la cena attorno alle 17.30) ho tradito la cucina psudo-sana e sono andato da Steers che è una catena che fa burger molto obesi, ma anche la mia fame era obesa. Il ragazzo al banco, parecchio somigliante a Drogba ma senza la Canalis mi fa "auariàmehen?" (traduzione per chi non capisce l'inglese sudafricano: how are you man?) io gli rispondo "rillicùl endià?" (really cool, and you?) e lui mi fa "oamsciurlebedardeniàmehen!" (oh I am surely better than you man!). Ciò mi ha fatto riflettere, e sono giunto alla conclusione che il falso Drogba era nel giusto. L'acqua qui non usa, se usa è frizzante, parecchio. Al supermercato ho comprato biscotti buonissimi, formaggio e una confezione di smoked bacon che non vi raccomando no no. Si bevono coche cole di ogni tipo, bibite gasate, succhi di frutta corretti non so con cosa, tè e caffelatte. Il caffè più corto che fanno al campus è di 20 cl, quello normale è da 33 cl (una lattina), quello grande se lo bevi tutto batti ogni record di caffeina ingurgitata ed entri nel guinness. Il caffè migliore lo fa Deli, locale sudafricano ma incrocio apparente tra cultura indiana e italiana. Costa 3 rand (30 eurocent). Detto questo, torniamo alla casa. La stanno finendo e quindi ci sono gli operai in giro nel giardino: la mia parte è completa ed è grande. In effetti sarebbe una casa da 5 (5 stanze singole), ma per ora siamo in 2, io e Jaak che è un tipo sudafricano a posto che studia geologia, mi ha raccontato storie pese sul campus che non è il caso di riportare qui e non ha mai visto una moka. Ho provveduto mostrandogli una foto, ma non è la stessa cosa che tenerla in mano, lo so. AHHHH... MOKA!!! (semicit. era: AHHHH... PRAGHI!!!). Oltre al suddetto Jaak con cui ho piacevoli conversazioni ci dovrebbe essere una ragazza, ma io non l'ho ancora incontrata. Chi vivrà vedrà. Comunque la mia casa è molto vicina al campus ed è tranquilla, ma tanto sono sempre in ufficio. Ah, se venite a trovarmi il posto c'è, se venite in 3 però uno deve dormire con Brando nella sua cuccia verde, o con Brenda che non riesce mai a prendere il cibo che gli lancio perchè Brando c'ha l'ignoranza addosso e la ridicolizza sempre negli scatti da fermo.

Ora il campus mi sembra meno ameno e mi riesco ad orientare. Molti studenti mi salutano anche se non ci conosciamo, la gente è gentile. Alle 4 non c'è già più nessuno in giro se non negli studentati o fuori sulle scale a fumare paglie. Alle 6 fa buio rapidamente, il cielo da blu che era diventa nero passando per varie tonalità di rosso. Poi c'è un tacito coprifuoco e la gente sparisce, vita notturna qua non ne ho vista (forse perchè era buio, muahahahahah) ma forse la primavera che presto arriverà porterà con sè pure quella. Bisogna-Stare-Attenti ripete tipo mantra il Van, e io direi che è meglio ascoltarlo. Praticamente ogni casa ha, su una parete esterna, un cartello in bella evidenza con segnalato il servizio di RISPOSTA ARMATA che protegge quella casa. Significa che se un ladro ci prova, arriva un servizio privato con qualche arma da fuoco bella carica e lo fa desistere dal suo insano proposito. In queste sere oltre a leggere libri e documenti per la tesi mi sto facendo una pera di giornali sudafricani per get into the culture e sto ascoltando un botto di dischi che ho lì da una vita e non ho mai avuto il tempo o la voglia di ascoltare. Speaker da 119 rand (12 euro) diffondono nell'aria gelida voci fragili, dischi ultrasonici o vecchi e muffosi. Alzate le orecchie in direzione Bloemfontein. Ogni tanto metto Bob Marley perchè piace agli operai e per un po' anche a me, poi dopo qualche *yea* di troppo mi stanco e metto Capossela. Sembrano gradire.
Le facce sono strane e diverse. I ragazzi e le ragazze più pallidi sembrano svedesi o danesi, a volte islandesi. Le ragazze pallide hanno occhi grandi chiari, spesso lentiggini e nasi da folletto, le orecchie però non sono a punta. Sono alte basse grasse e magre. Un po' di tutto. Le ragazze meno pallide ridono un sacco e sono simpatiche. In generale le ragazze sono belle. I ragazzi pallidi sembrano giocatori di rugby, forse perchè spesso SONO giocatori di rugby. Di norma la gioventù pallida è più timida e dà meno confidenza, ma non mi posso lamentare. Nel campus e in giro ho visto anche ragazzi giapponesi, indiani, nord africani e non so chi altro. Insomma, tutto il mondo è rappresentato, tranne la fascia di popolazione latino/hispanic (cit.) categoria nella quale a questo punto mi inserisco pur io.
Ieri sera c'era il cielo sgombro e tra gli alberi del giardino ho visto la Croce del Sud. Le stelle sono luminosissime. Ho pure fatto qualche foto, ma Jaak con la sua reflex digitale da 10 megapixel oscura la mia compatta da 6 megapixel. Questo weekend andremo a fare un po' di foto in giro, soprattutto dobbiamo fotografare il tramonto che qui a Bloem spacca anzichenò. Il compito mio e di Jaak per stasera è conoscere la ragazza che -forse- abita con noi e l'altra ragazza che ha la casa vicina alla nostra. Si chiama "regola del buon vicinato", e poi se ci manca lo zucchero o il caffè a chi possiamo chiederlo? Vi saluto. Qua dall'ufficio si sente il suono dell'upupa. In realtà non so che animale sia, ma qua è piuttosto normale sentire versi di pennuti.
A presto, presto.

 
posted by bito at 16:46 | 12 comments
29 agosto 2006
Bloemfontein, fontana dei fiori in lingua afrikaans, la noti quando sei praticamente atterrato. Mentre l'aereo scende di quota intravedi poche luci, poche case, pochi segni, lunghe distese verdi apparentemente non coltivate. Stai lì con la tua faccia da ebete, guardi da quei piccoli finestrini e ti sembra di arrivare *altrove*, in un aeroporto minuscolo a 1400 metri di altezza. La città è però estesa, i suoi mezzo-milione di abitanti o forse più se ne stanno belli larghi (rispetto alla nostra strettissima Italia). Le strade sembrano vecchie highway americane o australiane, grandi grandi e vuote, con la terra rossa che vola via dai marciapiedi e finisce sull'asfalto. A sfrecciare sono soprattutto pick-up con la guida a destra ed il cassone sempre occupato da almeno due persone che stanno in piedi attaccate al telaio. I marciapiedi non sono di cemento, ma assomigliano ad aiuole punk: polvere e piante, pozzanghere, fiori, tracce di scarpe, lattine di birra, animali sgangherati tipo pennuti non meglio identificati in panciolle vicino agli alberi. A volte il vento tira forte e sembra volerti portare via.
Domenica il Van mi è venuto a prendere da casa e mi ha portato a fare un giro turistico, prima di invitarmi a pranzo a casa sua con la sua famiglia (confermandosi di una gentilezza incredibile). Mi ha mostrato, dall'alto della Naval Hill (una collina usata dagli inglesi come postazione per l'artiglieria navale -si si, proprio navale, ma non ho ben capito il motivo- durante la guerra anglo-boera) una bella vista della città, spiegandomi come le zone sono divise: ancora adesso sono facilmente delimitabili la parte bianca, quella nera e quella coloured, cioè meticcia. Ho visto antilopi e giraffe. Abbiamo parlato un po', facendo paralleli frequenti tra Sud Africa e Italia, in cui è stato due volte. E' innamorato di Assisi.

Mi sono già perso due volte. Ma ora CE L'HO (la mappa).

La prima volta, venerdì, all'interno del campus. E' enorme e non si capisce niente, le facoltà sono vicine agli studentati, i nomi spesso sono solo in afrikaans (la lingua boera, parlata da tutti i bianchi e completamente incomprensibile, un incrocio tra olandese e tedesco) e soprattutto, non avevo una mappa del campus. Ora ce l'ho.
La seconda volta che mi sono perso è stata sabato. Giornata a spasso, volevo vedere un po' di Bloem, e come ogni bravo maschietto italico mi sono subito diretto verso la zona degli stadi, tanto per i musei c'è tempo (autocit.). La segretaria del Van il giorno prima mi aveva portato al Waterfront, una specie di centro commerciale costruito su uno specchio d'acqua, anch'esso nella zona degli stadi, che ricordiamo essere da rugby, cricket, calcio. Insomma: per arrivare a sto Waterfront e a sta zona degli stadi ho perso qualche ora a camminare, Converse del cazzo che non c'avete l'aria nei talloni, scarpe bastarde. A vederle sulle mappe, le città sembrano tutte facili da girare. Ma io la mappa di Bloemfontein non ce l'avevo. Ora ce l'ho.
Prima di arrivare al Waterfront, la mattina, ho conosciuto Ahil (credo), un ragazzo dei milioni che controllano parcheggi e negozi con la pettorina security addosso. Mi ha accompagnato per un pezzo di strada, spiegandomi un po' di storie del posto, mettendomi in guardia dai crooks (delinquenti) che sono ovunque: attento coi soldi, non girare di notte da solo, occhio alle brutte facce. Dopo una serie di *I know* che gli ho sparato addosso tipo TA-TA-TA siamo finiti a parlare, pensa un po', di economia, ma semplicemente perchè qua c'è aria di rinnovamento dovuta -eccomi- ai MONDIALI del 2010. E come un lampo all'improvviso la fatidica domanda *cos’ha detto come si chiama si ma-tra-zi a zidane ma qualcosa tipo la maglietta la levo a tua sorella e speriamo che l’Italia giochi qui nel 2010 si speriamo davvero*. Ahil parlava con fervore e gli vedevi l'entusiasmo negli occhi, si stanno preparando mi dice, ce la metteranno tutta, è un onore essere il primo paese africano ad ospitarne un'edizione. Ci sono tanti Ahil in giro, ragazzi della mia età che lavorano e si danno da fare. Speriamo, come ha detto durante il pranzo di domenica la moglie del Van, ci sia un cambiamento.

E di questo cambiamento ho parlato, mentre ero sulla Naval Hill, sempre col Van. Gli ho chiesto spiegazioni su una lettera che avevo letto su un giornale sudafricano durante quelle nove ore e mezza di attesa a Cape Town: una ragazza scriveva “ok l’integrazione, ma se noi nel campus di Bloem stiamo bene così, con gli studentati separati bianchi-neri, che problema c’è”? Il problema, secondo il Van, è che c’è stata una vittoria alle elezioni studentesche dell’associazione più conservatrice e questo non è buon segno. Ma per parlarvi di queste cose attendo, so ancora troppo poco.

Nel momento in cui scrivo sono le 11.30 di martedì. Ho iniziato a lavorare e sono sistemato nell'ufficio del Van, l'ambiente è ottimo e stimolante. Oggi pomeriggio (forse) avrò la mia password per accedere ad internet dai computer del campus. La student card già me l'hanno fatta e come previsto nella foto c'ho la faccia da coglione. A chi mi diceva: "tanto ci becchiamo su msn!" oppure "le puntate di lost te le uploado e te le sGariGhi!" (lelecit.) rispondo: ho 30 MEGABYTE di traffico al MESE. Sapete quanti sono? Pochi. Due-tre pagine web da guardare -si pone il dilemma se scegliere repubblica o il corriere, la gazzetta l'ho già potata- e due tre mail ricevute/spedite per day. Il mio pensiero vola verso te, Borio, e perplesso mi chiedo: "cosa succederebbe se fastweb ti DAREBBE 30 mega di traffico al mese?" (semicit.)
Vorrei dirvi tanto altro, ma già ora sono troppe le cose di cui vorrei parlarvi. Ne scrivo qua una parte, consapevole che molte altre non si possono mettere in fila con una tastiera. Un'ultima cosa: nel giardino di casa ci sono due cani, tipo due pitbull con la crescita bloccata oppure due pitbull nani. Li ho drogati con i biscotti ai mirtilli, ora scraniano e non ne hanno mai abbastanza. Si chiamano Brando e Brenda, già da prima che arrivassi io.
A presto, presto.

 
posted by bito at 15:07 | 8 comments
26 agosto 2006
22 agosto, sera.
Quest'anno il mio corso di laurea prevedeva alcuni seminari focalizzati sulle modalità di ricerca sul campo. Come si produce ricerca? Una lezione all'interno di questi seminario era tenuta da un antropologo, un professore con cui avevo già dato un esame di Antropologia Politica ed Economica e che quindi conoscevo. Questo professore, molto schietto e simpatico, diede due consigli a chi si stava preparando per andare all'estero a svolgere una ricerca:
1- Scegliere un argomento che fosse pregno, anche pesante andava bene, ma che fosse coinvolgente non in senso esclusivamente accademico, che richiedesse -insomma- cuore. Ci disse "in pratica, non andate a studiare le farfalle della Patagonia: può essere interessante, ma non vi sconvolgerà di certo".
2- Di leggere molto, studiare, informarsi, cercare di farsi un'idea prima di partire. Poi, l'ultima sera, "sbronzarsi o fumarsi un sacco di canne" (cit.) e dimenticarsi tutto: questo perchè alcune volte si parte credendo di sapere già molto ma la realtà che si trova è sempre diversa, più sfaccettata e per affrontarla è richiesta una buona dose d’umiltà. Uno di questi consigli l'ho seguito, e non è il secondo: la sera prima di partire mi sono limitato ad ascoltare un po' di musica, mettendo in ordine le cose rimaste, facendo all'ultimo momento ciò che potevo fare ben prima, ma per me è sempre così. Poi, lento lento, mi sono preparato al volo che sarebbe stato lungo. Molto lungo.

23 agosto, notte.
A Francoforte mi aspettava la sfiga tipo la morte in Samarcanda. Gli speaker dell'aeroporto hanno sentenziato: c'è un problema tecnico all'aereo, ci sarà un ritardo di almeno un'ora. "Bè, fa lo stesso", mi son detto, "in fondo quanto tempo ho per cambiare, a Cape Town? Ah, un'ora esatta?" Bene. Dopo mezz'ora è stato annunciato l'imbarco, il problema si era rivelato meno pesante del previsto. Evvai. Entro sul Boeing e mi siedo. Il capitano del Boeing si bulleggia: non preoccupatevi, partiamo con un ritardo di circa un'ora ma recupereremo un po' durante il volo. I voli intercontinentali sono lunghi, 9100 km tra Francoforte e Cape Town. Me l'avevano detto ma non ci credevo. A metà notte mi è pigliato un po' male e ho pensato: e se poi il volo per Bloemfontein non riesco a prenderlo? Se il ritardo è troppo lo stesso? Per fortuna avevo con me la musica e mi sono messo ad ascoltare una di quelle canzoni significative perchè legate ad un momento particolare, non certo per la qualità artistica. Mentre ascoltavo l'ipod ad un volume spropositato per annichilire la rumorosità del motore del Boeing, ho avuto un flash: *due mie amiche del liceo, in prima, ascoltano questa canzone fuori da scuola. Walkman, canzone registrata dalla radio, un auricolare a testa, cantano. Sono felici. Io penso: mi devo comprare una giacca a vento nuova. Dopo pochi giorni ne avrei presa una da snowboard (ma qualcuno l'ha mai vista la neve?) taglia XXL*. Ah, gli anni 90. Comunque dopo sto ricordo mi sono rasserenato, ho capito il regalo di Sandro (due candele che sembrano due nuciako) e mi sono addormentato. Quel volo riuscirò a prenderlo, l'ha detto anche il pilota del Boeing.

24 agosto, mattina.
Ma anche no. Arrivo a Cape Town alle 5.50. Il volo partirebbe alle 6. Il mio metabolismo accelera improvvisamente: recupero la valigia, passo la dogana, esco di corsa dall'aeroporto internazionale e sfreccio rischiando la sincope verso il Terminal D, dove partono i voli interni. Si sono fatte le 6.10. Al check-in mi dicono mi spiace Sir, è partito. Ora sono le mie palle a fare Boeing. Il biglietto mi viene cambiato gratuitamente ma c'è il problema di aspettare 9 ore e mezza all'aeroporto di Cape Town, con la valigia da tenere sott'occhio perchè non posso entrare nell'area riservata, un sonno indicibile e... cos'altro? Ah si, la necessità di avvisare il mio professore sudafricano, il Van, per informarlo che io a Bloemfontein alle 7.55 non ci sarò. Dopo aver comprato due carte telefoniche diverse ed aver provato la serie di numeri che mi aveva comunicato, trovo la sua segretaria. Alla mia notizia esclama "oh my lord" e si quieta. La saluto, e mi preparo ad aspettare. Esco a prendere una boccata d'aria. Fanno 10 gradi. Shai ha la mia età, è di origini indiane e ha il look di un calciatore svizzero di metà anni 80: mullet (capelli corti sopra e lunghi dietro, tipo MacGyver), giubbotto di pelle, baffetti. Vede la mia faccia sconvolta e mi chiede come sto. Great, rispondo io. Iniziamo a parlare, è simpatico ed inizia a darmi un botto di consigli. Una volta informato che probabilmente ripasserò da Cape Town a fine novembre, mi invita a soggiornare presso la casa della sua famiglia, sono tantissimi e mi ospiterebbero volentieri. Ho capito l'ospitalità, ma non ti sembra di esagerare, Shai? Dopo un po' la conversazione diventa difficile. Sono morto di sonno e il mio inglese oramai assomiglia di più alla lingua hindi, infatti lui sembra capire tutto ciò che dico. Alle 10 ci salutiamo perchè deve andare via. Devo essere stato il primo italiano in carne ed ossa che vede con i suoi occhi.

24 agosto, pomeriggio.
Prima dell'imbarco vedo un uomo enorme seduto in una sedia dell'aeroporto. Mi siedo vicino a lui e penso, ridacchiando tra me e me "se mi siedo adesso vicino a lui per il calcolo delle probabilità non posso essere seduto a lui anche durante il volo". Avevo ragione, infatti quel signore non doveva andare a Bloemfontein, bensì a Kimberley. E quando ho visto il mio vicino di posto nell'aereo (che poi era un aerobus, molto strettissimo), bè, ho smesso di ridere. Enorme. Con la prolunga per la cintura. Sono sbottato: "Ma questa è una meledizione!" (cit.) L'aereo mi sembrava pericolosamente inclinato dalla mia parte, che poi era anche la sua. Provato nel fisico e nella mente, mi sono addormentato, gridando dentro "MAOOOOO" e rinunziando a sperare.

Adesso sono arrivato e sto bene. La prime due notti sono state molto anelate e ora sono fresco. Dal mio arrivo sono stato accolto, direi quasi abbracciato. Gli aggiornamenti sul luogo e tutto il resto tra un po' di giorni, devo prima farmi un'idea, sappiate solo che è TUTTO-DAVVERO-DIVERSO. Faccio fatica a comunicare perchè internet è merce rara. Sto guardandomi parecchio in giro, da raccontare ne ho già segnata qualcuna ma per ora la tengo per me.

A presto, presto.
 
posted by bito at 11:06 | 7 comments
18 agosto 2006
Per chi non vuole smazzarsi a cercare su un planisfero o su un atlante (che poi questo luogo ameno si chiama in diversi modi diversi, a seconda dell'editore), eccola qui. Come vedete (e se non vedete cliccate sull'immagine, la vita sarà più chiara) è nel centro del Sud Africa, distante da Pretoria e Johannesburg, distante da Cape Town, distante da Durban, distante. Noialtri, figliocci della rete stradale italiana (e abituati a questa splendida Route 66 che risponde al nome di Via Emilia) con una città ogni 10 km, potremmo rimanerci secchi. Vuoi vedere una città? Prego, siediti pure, ne avremo per alcune ore. Spazi larghi, tanto posto. Per me va bene così. Bloemfontein, ZA.
 
posted by bito at 15:56 | 0 comments
17 agosto 2006
Ancora non ho capito se mi piacciono. Non ho mai imparato a gestirle, e credo di non saper gestire bene neanche il tempo, avvolto come sono da infide curve spazio-temporali che rendono alcuni momenti eterni ed altri insopportabilmente brevi. Questi giorni di attese sono stati ricchi di un sacco di cose, vissuti intensamente e di petto. Come sempre arrivo alla fine col fiatone, troppi caffè ingurgitati e avendo fatto la metà o anche meno di ciò che avevo pensato di fare. Va bene così, ognuno vive le attese a modo suo e questo credo sia il mio, con l'usuALE scatto finALE sulle scALE per non perdere il treno (avvenimento per me frequente, anche se vivo a 200 metri dalla stazione). L'attesa di partire è stata silenziosa, ma questo silenzio a volte ha fatto un gran casino: quel rumore che ti fa svegliare e tenere gli occhi aperti quando sei a letto e il sole non è ancora spuntato, e tu ti incazzi perchè sai che dovresti dormire e invece no. In fondo non si è mai pronti davvero, e io in questa piccola lezione zen ci credo perchè nella vita poche volte mi sono sentito pronto sul serio. Ho anche visto però che le cose si possono fare lo stesso, anche se fanno paura o se non le conosci, talvolta azzardando, provandoci comunque. E poi ho sempre creduto nella bontà degli sconosciuti (cit.). C'entra un cazzo, scusate, però è vero. Sono contento di partire, un po' perchè anni fa un vecchio amico mi diceva una roba tipo "ogni volta che si inizia a realizzare qualcosa bisogna farsi un po' di violenza, se no non si inizia mai nulla", grazie Franco, un po' perchè è l'ora e le opportunità bisogna prenderle con sè, soprattutto se sono costate fatica. E io ce la metterò tutta, nel mio modo parzialmente sbalestrato, con molto cuore e occhi e orecchie wide open. Spero di sorprendermi più di una volta. Grazie per questi giorni di vacanza a chi ha passato tempo con me, sono stati preziosi e li porterò nella bisaccia da viandante straccione che amo trascinarmi dietro. Pensavo poco tempo fa a quanto è difficile essere limpidi e confessarsi per quello che si è, guardando me stesso, gli altri, ciò che costantemente viene richiesto. Bisogna essere forti, molto verissimo (cit.). E' bello però in alcuni momenti lasciarsi stare e confessare in maniera leale le proprie fragilità, che poi significa che siamo vivi, umani, con movimenti interiori (emozioni) che si muovono a ritmo di salsa. A presto, presto.
 
posted by bito at 11:25 | 3 comments
12 agosto 2006
Questo sarà un blog imperfetto, aggiornato ad intervalli di tempo non regolari. Spero non sia un blog piovoso, che di pioggia ne cade già abbastanza fuori di qua. Sarà un blog che descrive una lontananza, ma anche una compagnia: sarà fatto di opposti, come le persone e quindi come me. Sarà pieno di passione, una passione imperfetta: come un disco mal suonato ma interessante, un quadro mal dipinto ma affascinante, una ragazza che... mmm no con le ragazze non funziona. Volevo dire, una ragazza che è bruttina però... No non funziona. Dicevamo: per ora non ho idea di come sarà. Servirà a me per raccontare ciò che accade alle persone a cui vorrei raccontarlo, che poi sono le stesse che si prenderanno la briga di leggere sto blog. Nessun altro lo farà, ed è giusto così. Servirà a chi avrà voglia di sentirmi vicino, per un momento. In fondo la vicinanza vera è solo nella testa, i chilometri contano poco. Buon cammino.
 
posted by bito at 19:24 | 6 comments