Le parole. Alcune tristi, altre non dette e lo stesso squallide. Piccole grandi o presunte intelligenti, si prova a descrivere situazioni che... due occhi puntati sopra per qualche minuto, e poi basta. Non importa. Vivo uno stato d'animo simile al secondo fiato di sudafricana memoria, torello revisited direbbe bob perrotta. Per la mia tendenza, nell'entusiasmo, a dire sempre di si, l'altro giorno sono finito dopo una giornata pesantiiiissiiiima di lavoro a una conferenza/workshop incentrato sulla diversità, in cui lena e tomas, un collega editore, mi hanno trascinato. Ho visto nell'ordine (decrescente per importanza): una ragazza che faceva della bellezza una violenza per gli occhi, che bruciavano alla vista di cotanta bontà, e distribuiva opuscoli sui centri di ascolto. A me, in italiano, non mi ascolta nessuno. Passiamo oltre. Un balletto di una scuola nonsochè in cui erano tutte giapponesi, e tutte sui 16. Un balletto di quelli che vanno di moda adesso, con tutte quelle shakerateche che vanno su mtv e al terzo *yo* mi sono già rotto le palle, roba che se c'era un pervertito filo-nipponico tra il pubblico rischiava di implodere. Ultimo, ma non in ordine di importanza o forse invece si, una conferenza sul linguaggio dei segni usato dai sordomuti, spiegata in tedesco con delle ottime slides. In tedesco. Dopo aver guardato 20 minuti mi sono detto *eh, però* e sono andato a fare la spesa. Ho salutato con la mano, mi hanno risposto. Ho però capito, c'era una slide che lo spiegava, che il linguaggio delle lettere fatte con le mani appreso al ritiro spirituale del catechismo a pracchia per parlare con andrea g. durante la notte è completamente obsoleto. Leverò questa mia conoscenza dal curriculum vitae, se no rischio di fare la figura del coglione.
Vado in ufficio presto, sulle otteunquarto ottemmezza, in agenzia non c'è un cane. Mi sistemo, guardo due tre websites, saluto chi arriva, ciondolo tra la cucina e il mio ufficio, preparo il caffè con quella macchina esoterica che ha tutto automatico, tranne il sapere fare il caffè. Piano compaiono tutti, quattro chiacchiere, c'è chi dice due parole c'è chi no, ci sono i giorni in cui anche io no. A conoscere meglio i colleghi vedi chi stringe tra le mani il brando della formalità, chi sembrava molto peggio all'inizio, chi è solo timido. Chi è crasso, chi è basso. Chi si veste bene, chi sempre in camicia, chi vuole fare carriera, chi *la mia carriera è la vita*, chi guarda i giovani e dice "idealisti!", chi con gonne aggressive (da leggere *aggrèssiv*). Chi gli anni 80, eh bel periodo. Chi ha i pantaloni a vita alta, l'ombelico sta esattamente sotto il bottone, c'è un legame con la bassa germania? Poi si attacca col lavoro, in sto periodo sto scrivendo tra l'altro i discorsi di apertura di due partecipanti alla conferenza di shtoc-coh-lmha, scritto così, non faccio nomi ma sono l'eminenza grigia di due interventi, ahr, ci metto un daje pirlo, gol di zambrotta, lì in mezzo al discorso che nessuno se ne accorge, e tutto il pubblico si chiederà *ma che cazzo?* e io riderò sotto i baffi che mi sarò tagliato, un po' di sbarbità per la formalità. Poi scrivo i reportS, spedisco le e-mailS, leggo i paperS, faccio le phone callS, metto giù le minuteS, mi dedico alle discussionS. Ogni tanto è pesa, ma mi piace. Tanto. Ecco. Pausa all'una, si va a mangiare con le altrE tirocinanti. A proposito ne hanno aggiunte altre due, chiamate in mega ritardo dopo un mese, oltre alla russa arrivata a metà ottobre. Si tratta, in questo caso, di una danese e di una italofrancese. Il parco tirocinanti sembra sempre più un parco giochi, ma che è un reality (cit.), hanno deciso di provare l'esperimento sociologico. Protagonista inconsapevole di un film chiamato *amico delle donne*, sono pure finito a ballare salsa. E' ora di dire basta. L'altro giorno ero giù, davanti all'agenzia, con 4 di loro. Passa uno dei capoccia. *Good morning ladies. .... .... Matèo*. Ho taciuto, dispiaciuto. Dopo il lavoro non c'è tempo di fare un cazzo. Sono le 6 e tutto a vienna chiude verso le 6, a seconda dell'umore, poco amore. I supermercati alle 7, grazie billa. Allora si dice che mangiare in fondo non è... insomma, sano: si prova a estrapolare l'energia direttamente dalla birra. Dopo poco ci si accorge che non funziona. Si ciondola un altro poco, parlando poco e ridendo molto, spendendo... molto. Poi è improvvisamente tardi, e danila la rumena l'altro giorno ha asserito seria che come diceva il sommo shakespeare *siamo fatti della stessa sostanza di cui sono composti i sogni, e la nostra breve vita è circondata dal sonno*. Io sbadiglio, mi faccio sogno, e mi dedico all'arte del dormire. Con profitto.