26 agosto 2006
22 agosto, sera.
Quest'anno il mio corso di laurea prevedeva alcuni seminari focalizzati sulle modalità di ricerca sul campo. Come si produce ricerca? Una lezione all'interno di questi seminario era tenuta da un antropologo, un professore con cui avevo già dato un esame di Antropologia Politica ed Economica e che quindi conoscevo. Questo professore, molto schietto e simpatico, diede due consigli a chi si stava preparando per andare all'estero a svolgere una ricerca:
1- Scegliere un argomento che fosse pregno, anche pesante andava bene, ma che fosse coinvolgente non in senso esclusivamente accademico, che richiedesse -insomma- cuore. Ci disse "in pratica, non andate a studiare le farfalle della Patagonia: può essere interessante, ma non vi sconvolgerà di certo".
2- Di leggere molto, studiare, informarsi, cercare di farsi un'idea prima di partire. Poi, l'ultima sera, "sbronzarsi o fumarsi un sacco di canne" (cit.) e dimenticarsi tutto: questo perchè alcune volte si parte credendo di sapere già molto ma la realtà che si trova è sempre diversa, più sfaccettata e per affrontarla è richiesta una buona dose d’umiltà. Uno di questi consigli l'ho seguito, e non è il secondo: la sera prima di partire mi sono limitato ad ascoltare un po' di musica, mettendo in ordine le cose rimaste, facendo all'ultimo momento ciò che potevo fare ben prima, ma per me è sempre così. Poi, lento lento, mi sono preparato al volo che sarebbe stato lungo. Molto lungo.

23 agosto, notte.
A Francoforte mi aspettava la sfiga tipo la morte in Samarcanda. Gli speaker dell'aeroporto hanno sentenziato: c'è un problema tecnico all'aereo, ci sarà un ritardo di almeno un'ora. "Bè, fa lo stesso", mi son detto, "in fondo quanto tempo ho per cambiare, a Cape Town? Ah, un'ora esatta?" Bene. Dopo mezz'ora è stato annunciato l'imbarco, il problema si era rivelato meno pesante del previsto. Evvai. Entro sul Boeing e mi siedo. Il capitano del Boeing si bulleggia: non preoccupatevi, partiamo con un ritardo di circa un'ora ma recupereremo un po' durante il volo. I voli intercontinentali sono lunghi, 9100 km tra Francoforte e Cape Town. Me l'avevano detto ma non ci credevo. A metà notte mi è pigliato un po' male e ho pensato: e se poi il volo per Bloemfontein non riesco a prenderlo? Se il ritardo è troppo lo stesso? Per fortuna avevo con me la musica e mi sono messo ad ascoltare una di quelle canzoni significative perchè legate ad un momento particolare, non certo per la qualità artistica. Mentre ascoltavo l'ipod ad un volume spropositato per annichilire la rumorosità del motore del Boeing, ho avuto un flash: *due mie amiche del liceo, in prima, ascoltano questa canzone fuori da scuola. Walkman, canzone registrata dalla radio, un auricolare a testa, cantano. Sono felici. Io penso: mi devo comprare una giacca a vento nuova. Dopo pochi giorni ne avrei presa una da snowboard (ma qualcuno l'ha mai vista la neve?) taglia XXL*. Ah, gli anni 90. Comunque dopo sto ricordo mi sono rasserenato, ho capito il regalo di Sandro (due candele che sembrano due nuciako) e mi sono addormentato. Quel volo riuscirò a prenderlo, l'ha detto anche il pilota del Boeing.

24 agosto, mattina.
Ma anche no. Arrivo a Cape Town alle 5.50. Il volo partirebbe alle 6. Il mio metabolismo accelera improvvisamente: recupero la valigia, passo la dogana, esco di corsa dall'aeroporto internazionale e sfreccio rischiando la sincope verso il Terminal D, dove partono i voli interni. Si sono fatte le 6.10. Al check-in mi dicono mi spiace Sir, è partito. Ora sono le mie palle a fare Boeing. Il biglietto mi viene cambiato gratuitamente ma c'è il problema di aspettare 9 ore e mezza all'aeroporto di Cape Town, con la valigia da tenere sott'occhio perchè non posso entrare nell'area riservata, un sonno indicibile e... cos'altro? Ah si, la necessità di avvisare il mio professore sudafricano, il Van, per informarlo che io a Bloemfontein alle 7.55 non ci sarò. Dopo aver comprato due carte telefoniche diverse ed aver provato la serie di numeri che mi aveva comunicato, trovo la sua segretaria. Alla mia notizia esclama "oh my lord" e si quieta. La saluto, e mi preparo ad aspettare. Esco a prendere una boccata d'aria. Fanno 10 gradi. Shai ha la mia età, è di origini indiane e ha il look di un calciatore svizzero di metà anni 80: mullet (capelli corti sopra e lunghi dietro, tipo MacGyver), giubbotto di pelle, baffetti. Vede la mia faccia sconvolta e mi chiede come sto. Great, rispondo io. Iniziamo a parlare, è simpatico ed inizia a darmi un botto di consigli. Una volta informato che probabilmente ripasserò da Cape Town a fine novembre, mi invita a soggiornare presso la casa della sua famiglia, sono tantissimi e mi ospiterebbero volentieri. Ho capito l'ospitalità, ma non ti sembra di esagerare, Shai? Dopo un po' la conversazione diventa difficile. Sono morto di sonno e il mio inglese oramai assomiglia di più alla lingua hindi, infatti lui sembra capire tutto ciò che dico. Alle 10 ci salutiamo perchè deve andare via. Devo essere stato il primo italiano in carne ed ossa che vede con i suoi occhi.

24 agosto, pomeriggio.
Prima dell'imbarco vedo un uomo enorme seduto in una sedia dell'aeroporto. Mi siedo vicino a lui e penso, ridacchiando tra me e me "se mi siedo adesso vicino a lui per il calcolo delle probabilità non posso essere seduto a lui anche durante il volo". Avevo ragione, infatti quel signore non doveva andare a Bloemfontein, bensì a Kimberley. E quando ho visto il mio vicino di posto nell'aereo (che poi era un aerobus, molto strettissimo), bè, ho smesso di ridere. Enorme. Con la prolunga per la cintura. Sono sbottato: "Ma questa è una meledizione!" (cit.) L'aereo mi sembrava pericolosamente inclinato dalla mia parte, che poi era anche la sua. Provato nel fisico e nella mente, mi sono addormentato, gridando dentro "MAOOOOO" e rinunziando a sperare.

Adesso sono arrivato e sto bene. La prime due notti sono state molto anelate e ora sono fresco. Dal mio arrivo sono stato accolto, direi quasi abbracciato. Gli aggiornamenti sul luogo e tutto il resto tra un po' di giorni, devo prima farmi un'idea, sappiate solo che è TUTTO-DAVVERO-DIVERSO. Faccio fatica a comunicare perchè internet è merce rara. Sto guardandomi parecchio in giro, da raccontare ne ho già segnata qualcuna ma per ora la tengo per me.

A presto, presto.
 
posted by bito at 11:06 |


7 Comments:


At 21:07, Anonymous Anonimo

Ciao negro! Noi siam qua in tenda sbronzi tritati, ci manchi tanto tanto quindi beviam birre anc

 

At 20:41, Anonymous Anonimo

Sciao Beo, forse ancora non lo sai ma mercoledì dopo che sei andato via, Alex ha fatto gol dopo 10 secondi dal suo ingresso in campo, si è alzato la maglietta e lo ha dedicato a te.

Un abbraccio

 

At 12:20, Anonymous Anonimo

Promemoria

Mi permetto di ricordarti la faccenda delle due mulatte. Una per me (tendente al nero) una per Andrea (tendente al bianco)

 

At 12:59, Anonymous Anonimo

beh, senza sfiga che partenza è??
ciao bello!

 

At 18:45, Blogger Andrej

Daje