23 novembre 2007
Montaigne scriveva che il processo del dimenticare, dopo aver annotato per trattenere, in realtà è funzionale alla fruizione. Questo ci dovrebbe confortare. Partiamo dal nostro cervello: limitato, direi quasi limitante. Il mio, già di dimensioni compatte, fa quel che può. Strabuzza gli occhi, si indigna, si inceppa, si surriscalda in maniera pericolosa dalle parti della nuca, quando colpito da senso di disagio gli addosso tutte le mie inquietudini. Ce ne vorrebbero due, tre, ma che dire dunque del cuore? Aveva ragione ligabove quando sbraitava che i duri hanno due cuori? Ma... eh? Ripartiamo. Come possiamo ricordare tutto? Ma ancora a monte: quanta cultura, attimi, attitudini, emozioni, libri, trentatreggiri, esperienze politiche, discussioni, tipe, tipi di caffè, suoni di voce, malegratudini, ci sono, o o o? Dunque ci si tuffa. Un po' di qua, un po' di là, come un cieco durante un orgia, ci si fa strada palpando (cit.). Ma quanto diventa dunque più importante, per questo motivo, interpretare? Avere uno sguardo che vede da un metro indietro, che ci prova perlomeno, e dice tu sei lì, stai facendo le tue cose, io sono qui dietro alle tue spalle, non ti curare di me, io guardo. Ma io pensavo, l'altra notte, al mio fare e al mio muovermi di questi giorni, a carponi e a piccoli bocconi, tantando di seguire un percorso ondulante il giusto che mi permettesse di gustare, ma allo stesso tempo di anda-a-a-re. Riguardo all'interpretare, mi rendo conto che non c'è tempo. Mai. Io mi appoggio al letto e crollo, tragicamente, il letto IKEA eroicamente mi sorregge, il venerdì sera arriva e mi si dice andiamo a *nome-a-caso*, ma io c'ho sonno, voglio dormire! Ma se non dormo, e allora penso, maledicendo di pensare e non dormire, questo penso: c'ha il mio rispetto Yury Afanasyev, storico russo di area liberale, quando dice che "il tipo di paese che diventerà la Russia dipenderà dal tipo di storia che sceglierà". Io gli do un cinque alto, al russo, e allungo il passo. Non è così anche per noi, per le nostre cosucce, queste vite fatte di tessere di puzzle che messe insieme non dicono un freakin'-cavolo, però ci spostano verso una deriva astratta e astrale? Ciò che siamo oggi, non dipende forse esclusivamente dalla storia che scegliamo per noi stessi, dall'interpretazione che diamo del susseguirsi dei nostri eventi personali, dalla linea rossa arcadefireiana che riusciamo a tracciare? Due vite coincidenti, due gemelli ugualovisutti, non possono cambiare radicalmente la propria stessa vita, a seconda del significato che le danno? Ma cazzo, si, certo che possono! E ora io rifletto. Lungi dall'eugenetica, e pure da eugenio. Nel vivere e nel non avere tempo di pensare io ci vedo molto di fascinoso e pure-un-po'-necessario, e molto di inutile e dannoso. La verità? Le domande le faccio io, silenzio. Io scelgo il passo indietro, e scelgo di interpretare. Lo giudico necessario. Il freddo dà delle scosse che la metà bastano. Le piccolecose di questi giorni sono dunque: discussioni piacevoli e non, libri a malapena sfogliati nel negozio inglese, serate sbilenche, posti brutti, belle scoperte, nuove amicizie, ragazze francesi con argomenti convincenti, tavoli australianolandesitaliaustrumeni davanti a partite con perfidi scozzesi, attimi di panico, scuole di tango, il mio negozio di dischi preferito, tanti passi, buste chiuse e spedite in quantità massiccia, racconti ghanesi su storie namibiane, e tanto tanto altro. Potrei romanzarci sopra, ma non oggi, non ora, *fa* tardi e io come tradizione *fa* che mi vado a letto. La lavatrice centrifuga, nel mentre. E dunque affermo e richiedo. Ditemi di cosa sono fatte queste settimane. Per voi. Per l'interpretazione, ci pensiamo. Tutti i mezzi sono leciti: telefono, teledrin, compiuuuter, essemmès (cit.), fax, fox, pintori, visite a domicilio, soprese nei bagni, ma aggiungerei anche piccioni viaggiatori, sempre che non mi caghino sulla finestra che come tutti sappiamo -diciamolo insieme- dà sul tetto. Esatto. Ciao, patagaji.
 
posted by bito at 00:25 | 9 comments
16 novembre 2007
dormire non è mai una buona idea, e allora stasera mi è venuto in mente di fare una clip (cit.) mettendo insieme filmatini residenti su macchina fotografica e cellulare, nonché mente cuore e papille gustative. la prima della mia vita, ma direi anche l'ultima. personaggi non etichettabili nel filmato sono in ordine di comparsa: alcuni nairobesi, dylan, sue, pita, veronika che dorme, ballerine di varie-età, un vez, un bambino dispettoso, fiabeschi, un pupazzo di neve, dei ballerini asiatici, la testa rossa di lena, un maiale cromato. più i cavalli veri e presunti, una finestra e la neve. ed ora bbonanotte.


 
posted by bito at 01:17 | 21 comments
08 novembre 2007
Tira un vento gelido, a momenti poco fa finivo sotto una macchina, spinto dalla forza della forza della natura, che forza. Forze dovrei indossare scarpe alte tipo *quei polacchini che avevi tempo fa* (cit.), quelli col *carrarmato* (cit.), e non *delle scarpe di tela, pure in inverno, che sembri povero* (cit.). Mia madre da faventia mi ha detto che sto vento gelido viene dalle pianure dell'est, e io le immagino proprio così, le pianure dell'est, piatte, essendo pianure, e attraversate da venti fortissimi e pungenti che portano le ragazze del luogo a consumare calorie per mantenere il calore corporeo. Brucia che ti brucia, il sedere rimane necessariamente sodo. Teoria sentita qualche tempo fa a quark. Lo diceva piero.
Sono tornato a casa, ho mangiato, salutato tutti, mi sono commosso, ho mangiato, bevuto pure, ahr ahr divertito, ho mangiato, ho visto tutto ciò che dovevo vedere, fatto contenti tutti, spero, mi sono detto *ma perchè?* poi ho mangiato. Ancora. Che fame che mi aveva lasciato addosso vienna. Ma adesso non mi frega più. Ho scelto di non avere vizi, neanche il cibo, l'altro giorno vi giuro li ho visti -FINALMENTE!- un gruppo di hare krishna, in quattro per lerchenfelderstrasse, con una chitarrina e i capelli rasati, mi volevo unire a loro, rinuncio a tutto! Mi raso completamente. I capelli. Storia vera, prima sono andato a prenotare un taglio di capelli, la shampooista ha preso la mia prenotazione, vado a fare lo spelling del nome e mi scrive *batol*, le dico vabè scrivi jack. Jack venerdì si taglia i capelli, ha scelto un profilo alla tedesca, molto impomatati, scalati e riga da una parte. Se no lunghi fino al culo. Uno dei due. Ora, il mio ritorno mi ha lasciato alcune cose. Alcune sono concrete, tipo la moka, che dovrò portare in ufficio, tutti berranno di quel nettare e piangeranno come me quando ho visto gli hare krishna, *non avevamo bevuto ancora un vero caffè in tutta la nostra vita*, mugoleranno, i poveri. Deterrò il potere in agenzia, tenendo salde le redini della moka, con la presina se no scotta. Altre cose, ce ne sono. Tanti incontri, se ci penso tanti sul serio, e tanti posti, anche se la forza centripeta porta sempre -in un arco di tempo compreso tra le 19.30 e le 4- al clandestino. Coi soldi spesi lì in sti anni ce lo compravamo. Diamine averci pensato prima. Molto interesse in ciò che vedo. Sui treni ho incontrato tre persone che mi hanno fatto aprire la bocca parlando fino a che non è rimasta aperta perchè mi ero addormentato e io dormo con la bocca aperta. Un attore di fiction austriaco, uno studente erasmus residente a bologna, e una mia ex compagna di corso durante gli anni forlivesi e residente attualmente -pensate un po'?- a vienna, galeotto fu il progetto leonardo. Protagonista di un'amore fatale per la città in cui attualmente risiedo pure io, dopo poco a sentirla parlare non vedevo l'ora di tornare in austronia. Venite tutti a vienna! Nerds, nemici, amici degli animali, buone forchette, impiegati, donne innamorate, punks del 1977 rifugiatisi in una zattera sul tamigi, fasci, comunisti ricchi e coi rasta, pacifisti, parenti dei VIPS, nani, autisti in preda alla sobrietà, tossicomani, stripper, evasori, evasi, DJ di webradio, VJ di allmusic, cantautori, cantautori impegnati ma falliti, metallari pure oltre i 20 anni, gatti, etero, diversamente etero, cristiani convertiti, cristiani malgiogli, matti osceni, sindaci di Milano, pintori di fontane, condannati dalla vita, sconfitti, animali super pelosi, medici, paramedici, paraculo, io-non-ragiono-in-questi-termini, storti, marescialli, marshallisti, spiriti liberi, gibsoniani, naif, tonni in scatola, figli della rivoluzione, figli dei fiori, figli di puttana, padri, padri padroni, ragazzi padri, freaks, minorati mentali per scelta, maggiorate. Gli altri, venite lo stesso.
Le parole. Alcune tristi, altre non dette e lo stesso squallide. Piccole grandi o presunte intelligenti, si prova a descrivere situazioni che... due occhi puntati sopra per qualche minuto, e poi basta. Non importa. Vivo uno stato d'animo simile al secondo fiato di sudafricana memoria, torello revisited direbbe bob perrotta. Per la mia tendenza, nell'entusiasmo, a dire sempre di si, l'altro giorno sono finito dopo una giornata pesantiiiissiiiima di lavoro a una conferenza/workshop incentrato sulla diversità, in cui lena e tomas, un collega editore, mi hanno trascinato. Ho visto nell'ordine (decrescente per importanza): una ragazza che faceva della bellezza una violenza per gli occhi, che bruciavano alla vista di cotanta bontà, e distribuiva opuscoli sui centri di ascolto. A me, in italiano, non mi ascolta nessuno. Passiamo oltre. Un balletto di una scuola nonsochè in cui erano tutte giapponesi, e tutte sui 16. Un balletto di quelli che vanno di moda adesso, con tutte quelle shakerateche che vanno su mtv e al terzo *yo* mi sono già rotto le palle, roba che se c'era un pervertito filo-nipponico tra il pubblico rischiava di implodere. Ultimo, ma non in ordine di importanza o forse invece si, una conferenza sul linguaggio dei segni usato dai sordomuti, spiegata in tedesco con delle ottime slides. In tedesco. Dopo aver guardato 20 minuti mi sono detto *eh, però* e sono andato a fare la spesa. Ho salutato con la mano, mi hanno risposto. Ho però capito, c'era una slide che lo spiegava, che il linguaggio delle lettere fatte con le mani appreso al ritiro spirituale del catechismo a pracchia per parlare con andrea g. durante la notte è completamente obsoleto. Leverò questa mia conoscenza dal curriculum vitae, se no rischio di fare la figura del coglione.

Vado in ufficio presto, sulle otteunquarto ottemmezza, in agenzia non c'è un cane. Mi sistemo, guardo due tre websites, saluto chi arriva, ciondolo tra la cucina e il mio ufficio, preparo il caffè con quella macchina esoterica che ha tutto automatico, tranne il sapere fare il caffè. Piano compaiono tutti, quattro chiacchiere, c'è chi dice due parole c'è chi no, ci sono i giorni in cui anche io no. A conoscere meglio i colleghi vedi chi stringe tra le mani il brando della formalità, chi sembrava molto peggio all'inizio, chi è solo timido. Chi è crasso, chi è basso. Chi si veste bene, chi sempre in camicia, chi vuole fare carriera, chi *la mia carriera è la vita*, chi guarda i giovani e dice "idealisti!", chi con gonne aggressive (da leggere *aggrèssiv*). Chi gli anni 80, eh bel periodo. Chi ha i pantaloni a vita alta, l'ombelico sta esattamente sotto il bottone, c'è un legame con la bassa germania? Poi si attacca col lavoro, in sto periodo sto scrivendo tra l'altro i discorsi di apertura di due partecipanti alla conferenza di shtoc-coh-lmha, scritto così, non faccio nomi ma sono l'eminenza grigia di due interventi, ahr, ci metto un daje pirlo, gol di zambrotta, lì in mezzo al discorso che nessuno se ne accorge, e tutto il pubblico si chiederà *ma che cazzo?* e io riderò sotto i baffi che mi sarò tagliato, un po' di sbarbità per la formalità. Poi scrivo i reportS, spedisco le e-mailS, leggo i paperS, faccio le phone callS, metto giù le minuteS, mi dedico alle discussionS. Ogni tanto è pesa, ma mi piace. Tanto. Ecco. Pausa all'una, si va a mangiare con le altrE tirocinanti. A proposito ne hanno aggiunte altre due, chiamate in mega ritardo dopo un mese, oltre alla russa arrivata a metà ottobre. Si tratta, in questo caso, di una danese e di una italofrancese. Il parco tirocinanti sembra sempre più un parco giochi, ma che è un reality (cit.), hanno deciso di provare l'esperimento sociologico. Protagonista inconsapevole di un film chiamato *amico delle donne*, sono pure finito a ballare salsa. E' ora di dire basta. L'altro giorno ero giù, davanti all'agenzia, con 4 di loro. Passa uno dei capoccia. *Good morning ladies. .... .... Matèo*. Ho taciuto, dispiaciuto. Dopo il lavoro non c'è tempo di fare un cazzo. Sono le 6 e tutto a vienna chiude verso le 6, a seconda dell'umore, poco amore. I supermercati alle 7, grazie billa. Allora si dice che mangiare in fondo non è... insomma, sano: si prova a estrapolare l'energia direttamente dalla birra. Dopo poco ci si accorge che non funziona. Si ciondola un altro poco, parlando poco e ridendo molto, spendendo... molto. Poi è improvvisamente tardi, e danila la rumena l'altro giorno ha asserito seria che come diceva il sommo shakespeare *siamo fatti della stessa sostanza di cui sono composti i sogni, e la nostra breve vita è circondata dal sonno*. Io sbadiglio, mi faccio sogno, e mi dedico all'arte del dormire. Con profitto.
 
posted by bito at 00:36 | 17 comments